« What was this richness that gold was going to give him ? What was it going to give him that justifies the slavery in which it was going to plunge him? Freedom was part of that land. To continue to live here without being able to enjoy it was to look with closed eyes or to listen by clogging one’s ears.
He had run in search of a treasure without realizing the one he had already discovered. An incomparable treasure because no one could ever take it from him. By walking through these lands of silence and reflexion, he had discovered himself and found the harmony of life in an inviolate nature. »
The gold under the Snow, Nicolas Vanier.
Downstream from Monte Rossa, the gold source where the Macugnaga mine was previously located, gold seekers continue to explore the banks of the Elvo, the Ticino and nearby torrents in search of a few milligrams of flakes or a greater weight nugget.
Sometimes self-taught or beginners, sometimes experienced participants in international competitions, these gold seekers most often cultivate this activity as an end in itself. “Here no one will become rich”, but the goal is elsewhere... A solitary activity source as a collective exchange, a way to spend time close to nature, a way to develop knowledge, personal techniques and tools to compensate the random nature of their research, a way to feel freer.
Besides being a passion, this quest for gold also brings us back to a certain imaginary making : the western and west conquest, the industrial era and the time of great mines when gold was still a source of wealth, the quest for the nugget that will bring us recognition, respect, or will enrich our collection.
This photographic work, which as a whole brings together portraits, archives, interviews, documentary images or more introspectives ones, does not seek to describe or to present this community in a consistent way, it seeks more to present certain aspects of this activity, sometimes considered marginal, and to summon certain symbols belonging to the collective imagination integrated into a vernacular practice.
« Qual era questa ricchezza che l’oro le avrebbe procurato? Che cosa le avrebbe dato che giustifica la schiavitù in cui si stava immergendo? La libertà faceva parte di questa terra. Continuare a vivere qui senza poterne godere equivaleva a guardare con gli occhi chiusi o ad ascoltare tappandosi le orecchie.
Cercava un tesoro senza accorgersi di quello che aveva già scoperto. Un incomparabile tesoro che nessuno potrà mai portargli via. Percorrendo queste terre di silenzio e di riflessione, aveva scoperto se stesso e aveva trovato l’armonia che procura la vita all’interno di una natura inviolata. »
L’oro sotto la neve, Nicolas Vanier.
A valle del Monte Rossa, fonte aurifera dove prima era impiantata la miniera di Macugnaga, i cercatori d’oro continuano ad esplorare le rive dell’Elvo, del Ticino e dei torrenti vicini, alla ricerca di qualche milligrammo di paillettes o di pepite di peso più consistente.
A volte autodidatti o principianti, a volte esperti partecipanti a competizioni internazionali, questi cercatori d’oro coltivano maggiormente questa attività come fine a sé. Qui nessuno diventerà ricco, gli obiettivi, infatti, sono altrove: un’attività solitaria che diventa fonte di scambio collettivo, trascorrere una giornata vicina alla natura, sviluppare conoscenze sull’ambiente circostante, accrescere tecniche e strumenti personali per compensare il carattere aleatorio della loro ricerca e assaggiare il senso della libertà.
Oltre al fatto di essere un’attività di passione e passatempo, questa ricerca dell’oro ci rimanda anche ad un certo immaginario: quello del western e della conquista dell’ovest, quello dell’era industriale e delle grandi miniere di sfruttamento quando l’oro era ancora fonte di ricchezza, quello della ricerca della pepita che porterà riconoscenza, rispetto, o che arricchirà la nostra collezione.
Questa serie fotografica, che nel suo insieme riunisce ritratti, archivi, interviste, immagini documentarie o introspettive, non cerca di descrivere o presentare questa comunità in modo uniforme, cerca piuttosto di presentare alcuni aspetti di questa attività talvolta considerata marginale e convocare alcuni simboli appartenenti all’immaginario collettivo integrati in una pratica vernacolare.